Concorso Magistrato Ordinario Settembre 2024

TEMA DI DIRITTO PENALE

Concorso a 400 posti di magistrato ordinario

12.09.2024

Traccia estratta

Il candidato, delineate le nozioni di progressione criminosa e di reato progressivo, esamini la fattispecie della c.d. lottizzazione abusiva, soffermandosi sul bene giuridico protetto, sulla natura e sul momento consumativo del reato, con particolare riferimento alla posizione del sub-acquirente del singolo lotto o immobile frazionato.

Svolgimento

Le figure giuridiche del reato progressivo e della progressione criminosa sono state elaborate dalla dottrina nell’ambito degli istituti del concorso apparente di norme e del concorso di reati.
Secondo la prevalente dottrina il reato progressivo costituisce un’ipotesi particolare di reato complesso in senso lato e ricorre quando la realizzazione di un reato passa (necessariamente o eventualmente) attraverso la realizzazione di un reato meno grave, che resta assorbito in applicazione di criteri valutativi o, secondo taluni, del principio di specialità. È ad es. il caso del reato di lesioni personali commesso per realizzare un omicidio volontario.
La progressione criminosa ricorre invece quando il passaggio da un reato meno grave ad un reato più grave è l’effetto di distinte risoluzioni criminose. È ad es. il caso in cui taluno cagiona lesioni ad una persona senza volontà di ucciderla e poi decide di ucciderla. Anche in questo caso la prevalente dottrina ritiene, pur con motivazioni diverse, che il reato meno grave sia assorbito nel reato più grave.

Tali categorie sono state recepite dalla giurisprudenza, che tuttavia spesso usa i termini “reato progressivo” e “progressione criminosa” non già secondo l’elaborazione dogmatica della prevalente dottrina, ma per indicare il protrarsi della condotta o delle condotte criminose, comportante il progressivo spostamento del momento consumativo del reato e l’approfondirsi dell’offesa o, per usare la terminologia propria del reato permanente, per indicare la non coincidenza del momento perfezionativo del reato (in cui viene instaurata la situazione antigiuridica corrispondente alla fattispecie astratta) con il momento consumativo (in cui si verifica la cessazione del reato a seguito della cessazione della situazione antigiuridica).

Ciò si riscontra proprio rispetto al reato di lottizzazione abusiva, che la prevalente giurisprudenza qualifica come “reato permanente”, aggiungendo, talora, che trattasi di “reato progressivo nell’evento”, categoria quest’ultima non utilizzata rispetto ad altri reati. Con tale qualificazione la giurisprudenza sembra riferirsi al fatto che la concreta realizzazione del reato può estrinsecarsi in una pluralità di condotte comportanti un progressivo approfondimento dell’offesa al bene giuridico, analogamente a quanto accade nei reati a condotta frazionata (o a consumazione prolungata o a duplice schema). Che in questo caso la categoria del reato progressivo non sia più utilizzata secondo la sua originaria accezione è confermato dal fatto che essa non evoca la problematica del concorso apparente di norme e del concorso di reati, nel contesto della quale, come si è accennato, sono state invece elaborate le categorie del reato progressivo e della progressione criminosa, ma evoca invece la tematica del momento consumativo del reato.

Il reato di lottizzazione abusiva è previsto dal dPR 6.6.2001 n. 380 (Testo unico dell’edilizia) che all’art. 44, co. 1, lett. c) commina la pena congiunta dell’arresto e della ammenda “nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell’art. 30”. Quest’ultima disposizione contiene una norma definitoria secondo la quale si ha “lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”. Va aggiunto che l’art. 44, co. 2, prima parte, cit., dispone che “la sentenza definitiva del giudice penale, che accerta che vi é stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite”.

La lottizzazione abusiva si sostanzia dunque nell’illegittima trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, attraverso opere o atti giuridici, ed è proprio questa sua peculiare caratteristica che vale a distinguerla dal semplice abuso edilizio.
Secondo l’opinione ora prevalente il bene giuridico protetto va individuato, in termini sostanziali, nella tutela dell’integrità del territorio secondo il parametro della conformità agli strumenti urbanistici, che riservano le scelte di destinazione ed uso del territorio all’autorità amministrativa competente, e non va dunque individuato nel mero interesse, di natura formale, del rispetto delle regole relative all’attività edificatoria.
Ad integrare il reato è sufficiente la messa in pericolo dell’interesse tutelato della riserva pubblica di programmazione territoriale: non è infatti necessaria l’effettiva trasformazione del territorio, ma sono sufficienti condotte ad essa prodromiche (ad es. il frazionamento del terreno realizzato a scopo edificatorio), fermo restando che la fattispecie incriminatrice prevede anche condotte che realizzano un danno all’interesse tutelato (ad es. l’effettiva, illegittima, costruzione del manufatto).

L’elemento oggettivo del reato (avente natura di reato comune) è infatti tipizzato attraverso la previsione di plurime, distinte condotte, la realizzazione delle quali, nello stesso contesto, comporta la configurabilità non già di una pluralità di reati, ma di un unico reato, trattandosi di reato a fattispecie alternativamente previste. La lottizzazione abusiva (che presuppone  o la mancanza della prescritta autorizzazione o la presenza di un’autorizzazione emessa in violazione degli strumenti urbanistici) può essere “giuridica” (o “negoziale” o “cartolare”), quando consiste nel compimento di atti giuridici (come la suddivisione del terreno e l’alienazione dei lotti fabbricabili, che denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio), ovvero “materiale”, quando consiste in attività materiali, come la realizzazione di edifici o di opere di urbanizzazione. Di lottizzazione abusiva “mista” si parla con riferimento alla realizzazione, nello stesso contesto, di entrambe le indicate forme di commissione del reato.
Secondo la costante giurisprudenza, quando il giudice accerta la sussistenza del reato per la contrarietà dell’autorizzazione agli strumenti urbanistici non realizza una disapplicazione dell’atto amministrativo, ma si limita ad accertare un elemento della fattispecie tipica.
Il reato ha natura contravvenzionale e secondo la giurisprudenza ora pacifica l’elemento soggettivo può consistere sia nel dolo, sia nella colpa.

Considerata la pluralità delle condotte tipizzate attraverso le quali il reato può essere realizzato, la consumazione del reato si verifica già con l’integrazione della prima condotta conforme al fatto tipico nella lottizzazione giuridica o materiale (ad es., rispettivamente, il frazionamento o l’avvio dei lavori), ma se ad essa seguono altre condotte di lottizzazione la consumazione per così dire definitiva si avrà o con l’esaurimento delle condotte penalmente rilevanti (ad es., nel caso di lottizzazione mista, con il completamento dei manufatti oggetto della lottizzazione e con la realizzazione della lottizzazione cartolare) o con l’interruzione della condotta criminosa ad opera di terzi (ad es. il sequestro del manufatto o, in applicazione della categoria dell’interruzione giudiziale della permanenza, con la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado). Solo da tale momento inizierà a decorrere il termine di prescrizione per tutti i concorrenti nel reato (sui quali v. postea).

Quanto ora esposto, in ordine al momento consumativo, spiega il reale significato della qualificazione del reato, talora adottata dalla giurisprudenza,  come  reato “permanente e progressivo nell’evento”: essa indica che il reato può essere integrato da condotte illecite che realizzano una progressione nell’offesa al bene giuridico e quindi un approfondimento dell’offesa stessa. A tale qualificazione del reato la giurisprudenza ricollega anche il principio secondo il quale il concorso nel reato può verificarsi rispetto ad ognuna delle condotte tipizzate, caratterizzanti qualsiasi fase della lottizzazione, e  fino al compimento della stessa, cioè fino alla consumazione finale del reato.

Sono dunque concorrenti nel reato, secondo la giurisprudenza, tutti coloro che, in base alle regole proprie del concorso di persone nel reato, apportano un contributo causale (materiale o morale) alla realizzazione di una o più condotte tipiche, essendo consapevoli del carattere abusivo della lottizzazione oppure essendo in colpa per non avere verificato, pur potendolo, il carattere abusivo della lottizzazione (come detto, il reato è infatti punito sia a titolo di dolo, sia a titolo di colpa).
L’ipotesi dell’apporto colposo ad una condotta dolosa di lottizzazione evoca la problematica del concorso colposo nel reato doloso, una problematica che tuttavia nella giurisprudenza è totalmente estranea al reato di lottizzazione abusiva. Invece, come è noto, con riferimento a tale problematica la giurisprudenza più recente è attestata – in materia di delitti – sulla posizione più rigorosa, escludendo (per considerazioni legate soprattutto al principio di legalità) l’ammissibilità del concorso colposo nel reato doloso, fatta salva l’eventuale responsabilità di chi apporta colposamente un contributo causale alla realizzazione del reato, in applicazione della categoria delle cause colpose indipendenti.

La casistica giurisprudenziale ha riguardato ad es. il concorso (doloso o colposo) nella contravvenzione in esame: del committente dei lavori, del direttore dei lavori, del notaio rogante, del tecnico comunale, nonché dell’acquirente del singolo lotto (anche se non committente dell’opera), che con la sua condotta fornisce un contributo causale (anche solo morale) alla concreta attuazione del disegno criminoso del venditore.
Quanto alla responsabilità del sub-acquirente del singolo lotto, l’eventuale responsabilità per concorso nel reato dipenderà ancora una volta dall’applicabilità dei già richiamati principi generali in tema di concorso nel reato (con dolo o colpa). Egli risponderà dunque di concorso nel reato se, essendo ancora in corso di realizzazione la lottizzazione abusiva (presupposto questo essenziale per la configurabilità del concorso), al momento dell’acquisto è consapevole (o è colposamente inconsapevole) del carattere abusivo dell’intervento edificatorio ed a maggior ragione (come evidenzia la giurisprudenza) quando l’acquisto integra una condotta elusiva, surrettiziamente finalizzata a vanificare le disposizioni legislative in materia di lottizzazione negoziale.

L’argomento da ultimo trattato interferisce, nelle dinamiche dell’applicazione giurisprudenziale, con la problematica della confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite.
Si deve in proposito ricordare sinteticamente (trattandosi di argomento non menzionato esplicitamente nella traccia) che la confisca urbanistica costituisce, secondo la giurisprudenza nazionale e sovranazionale, una sanzione di natura amministrativa avente carattere sostanzialmente penale, assoggettata dunque ai principi di irretroattività, colpevolezza e proporzionalità, sanzione che, a certe condizioni (v. in particolare l’art. 578-bis c.p.p.), è applicabile anche nel caso in cui sia maturata la prescrizione del reato.
Ora, in applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza, con riferimento alla categoria della persona estranea al reato che non può subire il provvedimento ablativo della confisca, l’acquirente o il sub-acquirente del bene oggetto della lottizzazione abusiva, anche se non concorrente nel reato, non può considerarsi estraneo al reato se è in mala fede – in quanto consapevole del carattere abusivo della lottizzazione – o se è in colpa – in quanto non ha assunto le necessarie informazioni sulla sussistenza di un titolo abilitativo e sulla compatibilità dell’intervento con gli strumenti urbanistici.

Osservazioni

La difficoltà della traccia deriva principalmente dal fatto che non è agevole rilevare la connessione esistente tra la prima parte (“delineate le nozioni di progressione criminosa e di reato progressivo”) e la seconda parte (“… la fattispecie della c.d. lottizzazione abusiva, soffermandosi …”).
Infatti, rispetto al reato di lottizzazione abusiva, la categoria del reato progressivo non è utilizzata dalla giurisprudenza nel significato proprio e rigoroso elaborato dalla dottrina prevalente, ma in un’accezione impropria, con la quale si intende indicare che la concreta realizzazione del reato può estrinsecarsi in una pluralità di condotte comportanti un progressivo approfondimento dell’offesa al bene giuridico, come conferma anche la qualificazione della lottizzazione abusiva come “reato progressivo nell’evento” (e.p. Cass. III, 20.02.2018, n. 14053/18, Ammaturo, Rv. 272697) o “permanente e progressivo nell’evento” (e.p. Cass. III, 25.02.2004, n. 15289/04, Iacovazzi, Rv. 227963).

Va aggiunto che, in generale, nella giurisprudenza non si riscontra una coerenza terminologica nell’uso dei termini “reato progressivo” e “progressione criminosa”, mentre è doveroso osservare che oggetto di un tema dovrebbero essere categorie dal significato univoco e sufficientemente consolidato (soprattutto se prive di esplicito riscontro normativo) o in ordine alle quali sussiste una divergenza di opinioni riscontrabile con sicurezza, perché altrimenti i candidati devono tentare di capire “cosa aveva in testa” la commissione nell’elaborare il titolo del tema, il che genera un’inaccettabile incertezza nell’individuazione dell’oggetto del tema.

Solo una parte della giurisprudenza usa infatti rigorosamente il termine di reato progressivo, riferendosi, secondo l’accezione propria della dottrina prevalente, al passaggio da un reato meno grave ad un reato più grave, nel quale il primo resta assorbito.

V. p.e. Cass. I, 16.04.1984, n. 7439/84, Amendola, Rv. 165695: il reato progressivo, nelle sue due forme del reato necessariamente progressivo e del reato eventualmente progressivo, costituisce una species del reato complesso, rispetto ad esso caratterizzato – sul piano criminologico, ma non su quello della struttura e disciplina giuridica – da un’offesa crescente ad uno stesso bene giuridico; Cass. I, 22.02.1984, n. 3129/84, Cigala, Rv. 163539: si ha reato progressivo quando l’azione realizza una successione necessaria di lesioni via via più gravi riguardanti lo stesso bene giuridico o un bene giuridico superiore e il medesimo soggetto passivo; Cass. I, 09.01.1974, n. 10097/74, Acquaviva, Rv. 128865: la configurazione giuridica del reato progressivo è caratterizzata dall’inclusione o continenza di un reato meno grave in uno più grave, violatore dello stesso bene giuridico o di un bene di maggiore importanza: in tali casi l’assorbimento del reato minore in quello maggiore, pur non essendo espressamente stabilito dalla legge, è una derivazione necessaria del canone generale del ne bis in idem, cioè della regola per cui un fatto non può essere posto più volte a carico della stessa persona).

Non mancano però sentenze che qualificano come progressione criminosa ipotesi che in realtà costituiscono tipici casi di reato progressivo, nell’accezione più rigorosa del termine.

V. p.e. la qualificazione di progressione criminosa delle fattispecie oggetto delle seguenti sentenze: Cass. V, 18.01.2018, n. 8206/18, Pennestrì, Rv. 272636–01, relativa all’ipotesi di tentato omicidio commesso realizzando il reato di lesioni personali che viene assorbito; Cass. VI, 06.06.2019, n. 31920/19, Orsi, Rv. 276805–01, relativa al delitto di peculato per omesso versamento, da parte dal concessionario del servizio di ricevitoria del lotto, delle giocate riscosse per conto dell’Azienda Autonoma Monopoli di Stato, che assorbe il reato di cui all’art. 8 l. 19 aprile 1990, n. 85, che si configura nel caso di iniziale ritardo del versamento oltre il termine di giovedì della settimana successiva a quella della raccolta delle giocate; Cass. V, 14.11.2019, n. 1203/20, Hu Shaojing, Rv. 277854–02, relativa all’assorbimento del delitto di appropriazione indebita nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione conseguente alla dichiarazione di fallimento; Cass. V, 18.12.2015, n. 4059/16, Basano, Rv. 266061–01, relativa all’assorbimento del reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quinquies c.p.) nel reato di intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche, ex art. 617-quater c.p., considerato che l’attività di fraudolenta intercettazione di comunicazioni informatiche presuppone necessariamente la previa installazione delle apparecchiature atte a realizzare tale intercettazione.

V. anche, di recente, Cass. III, 10.07.2024, n. 33287/24, che ha riconosciuto l’assorbimento del reato di abbandono incontrollato di rifiuti (art. 256, co. 2 d.lgs n. 152/2006) nel reato di discarica abusiva (art. 256, co. 3 d.lgs n. 152/2006), nel caso in cui un’iniziale condotta di abbandono prosegua in forme quantitativamente più importanti, sino a progredire verso una vera e propria discarica; ciò in quanto “si è in presenza di un caso di progressione criminosa (che si configura quando la progressione determina la modificazione del titolo del reato e consiste non solo nell’intensificazione della medesima attività, ma determina il trapasso a diversa fattispecie più grave, per quanto connessa, implicante la prima), che può essere risolto sulla base del principio di specialità, nel senso che il reato di discarica, in quanto più grave, contiene” quello meno grave di abbandono di rifiuti”.

Altre volte la giurisprudenza evoca la categoria della progressione criminosa (talora in contrapposizione al reato progressivo) per giustificare la sussistenza di un concorso di reati (o del concorso di un illecito amministrativo e di un illecito penale) a fronte di condotte diverse.

V. p.e. Cass. V, 03.02.2021, n. 18667/21, F., Rv. 281250–01: Il reato progressivo, a differenza della progressione criminosa, si configura solo quando la progressione non determini la modificazione del titolo del reato e non consista nella intensificazione della medesima attività, ma trapassi ad un’attività diversa, per quanto connessa. (In applicazione del principio la Corte ha escluso la configurabilità del reato progressivo in relazione alle condotte, sviluppatesi a distanza di poche ore, di danneggiamento mediante esplosione di due petardi e di danneggiamento seguito da incendio della medesima autovettura) (Conf. Sez. 1, n. 16209 del 1978, Rv. 140675).

V. anche S.u. 22.06.2017, n. 41588/17, La Marca, Rv. 270902–01: I reati di detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di un’arma clandestina – in virtù dell’operatività del principio di specialità – non possono concorrere, rispettivamente, con i reati di detenzione e porto illegale, in luogo pubblico o aperto al pubblico, della medesima arma comune da sparo. (La Suprema Corte, in motivazione, ha precisato che l’operatività del principio di specialità presuppone l’unità naturalistica del fatto e che, pertanto, resta impregiudicata la possibilità del concorso tra i suddetti reati qualora l’agente ponga in essere una pluralità di condotte nell’ambito di una progressione criminosa, nella quale, alla detenzione o al porto illegale di un’arma comune da sparo, segua, in un secondo momento, la fisica alterazione dell’arma medesima); S.u. 28.03.2013, n. 37425/13, Favellato, Rv. 255759–01: Il reato di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000), che si consuma con il mancato versamento per un ammontare superiore ad euro cinquantamila delle ritenute complessivamente risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti entro la scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale, non si pone in rapporto di specialità ma di progressione illecita con l’art. 13, comma primo, d.lgs. n. 471 del 1997, che punisce con la sanzione amministrativa l’omesso versamento periodico delle ritenute alla data delle singole scadenze mensili, con la conseguenza che al trasgressore devono essere applicate entrambe le sanzioni; S.u. 28.03.2013, n. 37424/13, Romano, Rv. 255757–01: Il reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000), che si consuma con il mancato pagamento dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore ad euro cinquantamila, entro la scadenza del termine per il pagamento dell’acconto relativo al periodo di imposta dell’anno successivo, non si pone in rapporto di specialità ma di progressione illecita con l’art. 13, comma primo, d.lgs. n. 471 del 1997, che punisce con la sanzione amministrativa l’omesso versamento periodico dell’imposta entro il mese successivo a quello di maturazione del debito mensile IVA, con la conseguenza che al trasgressore devono essere applicate entrambe le sanzioni.

Per contro la giurisprudenza talora parla di progressione criminosa per escludere il concorso di reati, associandola alla categoria del reato permanente, anche se non ricorre una condotta avente propriamente carattere continuativo.

V. p.e. Cass. VI, 25.09.2014, n. 49226/14, Chisso Rv. 261352–01: In tema di corruzione, lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi realizzato attraverso l’impegno permanente a compiere od omettere una serie indeterminata di atti ricollegabili alla funzione esercitata, integra il reato di cui all’art. 318 c.p. (nel testo introdotto dalla legge 6 novembre 2012, n. 190), e non il più grave reato di corruzione propria di cui all’art. 319 c.p., salvo che la messa a disposizione della funzione abbia prodotto il compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, poichè, in tal caso, si determina una progressione criminosa nel cui ambito le singole dazioni eventualmente effettuate si atteggiano a momenti esecutivi di un unico reato di corruzione propria a consumazione permanente.

Non mancano poi sentenze che qualificano del tutto genericamente (e senza alcuna utilità applicativa) come ipotesi di progressione criminosa fattispecie criminose pacificamente qualificate come reati a condotta frazionata (o a consumazione prolungata o a duplice schema).

p.e. Cass. III, 09.01.2024, n. 9196/24, Puleri, Rv. 286019–01, relativa al delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, di cui all’art. 2, co. 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 483, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, modificato dall’art. 3, co. 6, d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8 (conf. Cass. III, 20.10.2016, n. 649/17, Messina, Rv. 268813–01).

Infine la giurisprudenza talora utilizza le categorie del reato progressivo o della progressione criminosa per escludere il concorso di reati, con riferimento a fattispecie rispetto alle quali l’unicità del reato si può agevolmente spiegare applicando la categoria delle fattispecie alternativamente previste.

p.e. Cass. III, 19.05.2023, n. 33415/23, Tramentozzi, Rv. 284984–01: In tema di stupefacenti, il delitto di cessione può perfezionarsi, in conformità alle modalità realizzative del reato progressivo, in forma contratta, al momento dell’accordo tra cedente e cessionario, nel caso in cui ad esso non segua la dazione, e in forma ordinaria, con la materiale consegna della sostanza, nel caso in cui intervenga la “traditio”, nella quale è assorbito, perdendo la propria autonomia, il previo accordo; Cass. III, 13.11.2013, n. 8678/14, Vollero, Rv. 258840–01: In tema di inquinamento atmosferico, le condotte di “inizio di installazione” ed “esercizio” di stabilimento in difetto di autorizzazione, di cui all’art. 279, co. 1 d.lgs. n. 152 del 2006, qualora poste in essere di seguito dallo stesso soggetto, non configurano fatti separati eventualmente uniti dall’identità del disegno, ma momenti successivi di una progressione criminosa, che dà luogo ad un unico reato, il quale, quindi, si consuma o con il rilascio dell’autorizzazione o, in alternativa, con la cessazione dell’esercizio dell’impianto.

Stupisce poi che nella traccia non sia stato fatto alcun riferimento all’argomento, di notevole rilevanza teorica e pratica, della confisca urbanistica ed in particolare alla sua natura giuridica, ai principi generali ad essa applicabili ed ai rapporti con la prescrizione del reato, profili questi coinvolgenti istituti di carattere generale, la cui conoscenza può essere pretesa da un candidato al concorso di magistrato ordinario e che la redazione del tema può permettere verificare.

* * *

Per una trattazione degli argomenti rilevanti per la redazione del tema si rinvia a G. Piffer, Manuale di diritto penale giurisprudenziale. Parte generale, Pacini, 2024, II ed.:

  • reato progressivo e progressione criminosa: XV,4.1.1; XV,4.6.2; XV,4.8; XVI,9.1.1;
  • lottizzazione abusiva come reato permanente e progressivo:  XVI,7.18;
  • reati edilizi ed urbanistici e illegittimità dell’atto amministrativo: VIII,6.2.3;
  • reati a condotta frazionata: XVI,9.1.1;
  • fattispecie alternativamente previste: XV,3.1;
  • concorso eventuale di persone nel reato: XV,4;
  • concorso colposo nel reato doloso: XIV,4.18;
  • confisca urbanistica (natura giuridica; principi di irretroattività, colpevolezza e proporzionalità; limiti di scusabilità dell’ignoranza della legge penale): cap. II,4.4.1.6; III,11.10; III,13.6;  XII,6.1;
  • confisca urbanistica e prescrizione: XVII,8.4.1.

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